William H. Janeway – Innovazione, cambiamo rotta

La Riscoperta della Politica Industriale

Se i più celebrati guru della finanza internazionale – nel caso specifico William H. Janeway della Warburg Pincus – si stanno spargendo il capo di cenere nell’atto di ripudiare il modello Hayekiano, la summa del credo neoliberista, (il mercato come sistema istituzionale perfetto per l’attendibilità dei prezzi) per convertirsi alla teorica Polanyana (gli individui non possiedono solo diritti di proprietà, bensì anche diritti economico-sociali che il puro mercato non rispetta), allora noi “straccioni” keynesiani, che nel corso di quattro decenni siamo stati sbertucciati, commiserati per le  nostre fantasie retrò, quel severo giudizio che abbiamo sempre espresso sulla distruzione di valore causato del paradigma neoliberista, e il contemporaneo arricchimento improprio di una finanza bulimica a discapito dell’economia reale, era assai pertinente.

Impudentemente Janeway, scorrendo le pagine del suo ultimo libro, Doing Capitalism in the Innovation Economy (Cambridge University Press, 2018) sostiene che d’ora in poi i processi innovativi devono tener conto di una nuova condizione attuativa: l’interazione tra pubblico e privato. Ove, il primo fisserebbe l’orizzonte e l’obiettivo in base a una necessità contingente pubblica, quindi indipendentemente dall’iniziale unità marginale di costo, mentre il secondo ne completerebbe l’opera confezionando prodotti e servizi. Un processo che si realizzerebbe mediante una “spinta” (pull), la cui forza consisterebbe dalla quantità di risorse finanziarie generate dal Governo messe a disposizione per l’imprenditoria privata. Accipicchia, verrebbe da dire: sogno o son desto! Sebbene, e qui ci sarebbe molto da discutere – non a caso Janeway fa il tonto – quali dei due segmenti economici trarrebbe maggior vantaggio nella distribuzione dei futuri lauti profitti: verso l’alto (finanza), verso il basso (lavoro)?

Janeway afferma:

“…La Cina ha dimostrato di essere la “economia che adotta questo modello” (follower economy) di maggior successo nella storia, superando persino l’ascesa degli Stati Uniti nel XIX° secolo. Come fecero gli Americani allora, si è appropriato, con mezzi onesti o scorretti, di ogni frammento di proprietà intellettuale su cui poteva mettere le mani. Ironia della sorte, l’appropriazione più strategica della Cina è stata il modello di partenariato pubblico-privato americano del XX° secolo per far avanzare la frontiera tecnologica. Si è rivelato un tale successo per la Cina che l’amministrazione Biden l’ha ora riscoperto e rilanciato in patria, attraverso pacchetti politici come il CHIPS e il Science Act.

Per quanto riguarda il cambiamento climatico, gli Stati Uniti, tragicamente, hanno accumulato nel corso per circa 30 anni notevoli ritardi. Ma alla fine, nell’Inflation Reduction Act (dal nome ridicolo IRA), l’amministrazione Biden è riuscita a inquadrare l’incombente crisi climatica come un’occasione legittima per l’intervento statale nei mercati.

È vero, la maggior parte delle “carote” (sussidi) finanziarie inserite nell’IRA assume la forma d’incentivi fiscali. Ma ora è stata aperta la porta per un’azione statale più diretta per ridurre sia il mercato sia i rischi tecnologici secondo cui sarebbero stati d’ ostacolo a una risposta efficace. Una componente chiave mancante (ma non l’unica) è lo sviluppo e l’implementazione di sistemi avanzati di accumulo di energia in grado di funzionare su scala di reti per accogliere fonti intermittenti di energia elettrica rinnovabile.

Il nuovo paradigma emergente per le politiche pubbliche viene promulgato sotto la bandiera del “market shaping” (un mercato tarato per specifiche esigenze), che 15 anni fa ha messo radici per la prima volta nel campo della salute pubblica, quando il Fondo globale lo ha utilizzato per sostenere lo sviluppo e la distribuzione di vaccini e terapie per malattie che l’industria farmaceutica a scopo di lucro aveva trascurato. Il programma Advance Market Commitments del Global Fund è stato il modello per l’Operazione Warp Speed. (vaccini anti covid 19)

Questa innovazione terminologica segna un cambiamento sostanziale nei dibattiti di politica pubblica. Tra i suoi sostenitori di più d’alto profilo ci fu l’economista premio Nobel Michael Kremer, che gestisce il Development Innovation Lab all’interno del Becker Friedman Institute dell’Università di Chicago, un tempo bastione del dogma neoliberista. Il sito web del DIL presenta “The Case for Market Shaping”, che evidenzia il ruolo del “finanziamento ‘pull’ (spinta) per modellare il mercato… [per]… segnalare alle imprese che ci sarà domanda d’innovazioni socialmente utili”.

Ma che bravo Janeway, ora cita come esempio l’iper-neoliberista Kremer (shaping). Sennonché, distribuire denaro dall’alto (top-down) senza che si creino flussi ascendenti dal basso (bottoms-up) è come se dopo un lungo periodo di siccità arrivasse un temporale che facesse piovere a catinelle. Sarebbe da considerarsi una fortuna? Proprio no, poiché essendo da tempo il suolo arido, l’acqua non inzupperebbe il terreno agrario ma vi corriverebbe sopra ad alta velocità per disperdersi creando danni.

Paradossalmente, per ironia della sorte, ci tocca a rifugiarci nel pensiero di Fredrich Von Hayek, il quale ci spiegò che l’ordine del mercato di proprietà, contratti e scambi – se i diritti di proprietà sono commerciati propriamente – si rivelano adeguatamente prezzati nei luoghi “periferici” (decentralizazion), ove le informazioni esistono e sono attendibili per cui i prezzi sarebbero meno soggetti a distorsioni. Parafrasando il noto economista austriaco saremmo portati a pensare che le caratteristiche peculiari di ogni singolo territorio contano per determinare quale tipo di “manna” sarebbe più appropriata affinché la specifica comunità ne beneficiasse.

Parrebbe sensato che in quelle aree cosiddette “periferiche” venissero istituite o potenziate strutture intermedie (spin off, fondazioni, think-tank), che avrebbero il compito di concorrere con la loro “intelligence” tecnica e gestionale, nell’assecondare il potere politico locale verso quali rivoli abbeverarsi a fronte della fiumana di risorse cascante dall’alto, affinché non si verificassero i soliti “sparpagliamenti” inutili e dannosi.

Sorprendente il voltafaccia di questi ex neoliberisti o ex appassionati della teorica del “nuovo consenso”:       

“…Le risposte di oggi alle sfide di oggi equivalgono a un ripudio della famigerata affermazione di Ronald Reagan, 40 anni fa, secondo cui “il governo non è la soluzione al nostro problema; il governo è il problema”. Che si tratti di contratti d’appalto pubblico o di anticipare impegni di mercato per terapie mancanti, l’attrazione della domanda da parte di clienti non di mercato per ridurre il rischio di mercato è la chiave per accelerare l’innovazione.

Riscoprire questa verità empirica offrirà una promessa in un momento di conflitto interno e transnazionale. Eppure quella promessa deve essere mitigata dalla considerazione della complessa interazione tra le nostre due maggiori crisi. Dopotutto, è difficile, se non impossibile, immaginare una risposta efficace al cambiamento climatico che non si basi sulla collaborazione tra Stati Uniti e Cina.

Partnership improbabili sono emerse prima di fronte a minacce comuni sufficientemente grandi: Hitler ha spinto Churchill e Stalin in un’alleanza ancora meno probabile della partnership di cui il mondo ha bisogno oggi. Il cambiamento climatico costituisce già una tale sfida trasformativa. La domanda che ci poniamo ora è se noi [Occidente] e il nostro principale concorrente [Cina] prenderemo coscienza di questo fatto.”

fg

William H. Janeway, a special limited partner at the private-equity firm Warburg Pincus, is an affiliated lecturer in economics at the University of Cambridge and author of Doing Capitalism in the Innovation Economy (Cambridge University Press, 2018).

Rispondi