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Come scenari strategici, economici e commerciali convergono nella città di Alessandria

I processi di globalizzazione, aventi come effetto macro l’accorciamento delle distanze economiche e commerciali, hanno subito un repentino cambio di passo in velocità e modalità dagli anni 90 ad oggi, coincidenti al periodo che Rodrik definisce “Hyper Globalisation“.

Non solo lo sviluppo di moderne tecnologie ha permesso lo sviluppo della haute finance e il concentramento del potere nelle maggiori borse valori mondiali ma anche il commercio internazionale ha subito un mutamento paragonabile forse solamente alla rivoluzione commerciale medioevale.

Sebbene l’ipersviluppo dei mercati abbia subito un rallentamento forzato in seguito alla pandemia, tuttavia gli analisti di settore ritengono lo stop temporaneo e prevedono una massiccia v-shape recovery.

I maggiori global carriers attivi sul fronte dello shipping internazionale lungo le tre rotte marittime principali si sono prontamente attrezzati per non farsi trovare impreparati: gli armatori hanno ordinato la costruzione  di navi di dimensioni sempre maggiori in una sfrenata corso al gigantismo navale, costringendo gli stati e gli attori pubblici ad inseguire e a finanziare nuove strutture che consentano di poter far operare gli  armatori in attivo e non perdere la centralità geo strategica ed economica dei propri hub portuali.

Uno dopo l’altro sono stati infranti tutti i presunti limiti ingegneristici, valicando con le Post-Panamax il tetto dei 20.000 TEU (Twenty- foot equivalent unit, dimensione di un container ISO e utilizzata come benchmark nel settore). Si è arrivati così a sfidare i limiti naturali e paesaggistici, costringendo gli hub portuali a dotarsi di fondali adeguati al pescaggio delle nuove imbarcazioni.

Risponde a queste esigenze la nuova diga foranea di Genova, un investimento da oltre un miliardo di euro finanziato e incentivato congiuntamente da Fondi PNRR, dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dall’Autorità portuale del Mar Ligure Occidentale che, salvo incidenti di percorso, vedrà luce in una manciata di anni. La nuova diga sostituirà parzialmente la vecchia e consentirà spazi di manovra più agevoli ai nuovi giganti del mare.

I Ports of Genoa, ma ad onor del vero l’intera struttura portuale italiana, hanno faticato moltissimo a tenersi al passo con l’automazione dei terminal e con la rivoluzione tecnologica che stava prendendo piede tra le banchine. Questi ritardi nel cogliere le potenzialità (con annesse le intrinseche criticità) ha fatto perdere competitività e attrattività dello scalo ligure agli occhi dei maggiori portatori d’interesse nazionali ed internazionali. Così, mentre tra il 2000 e il 2005 i maggiori scali marittimi nordeuropei crescevano ad un ritmo medio del 10% annuo, l’Autorità portuale genovese comunicava un incremento di appena un punto percentuale.

Per Genova è un aut-aut: se le prospettive auspicate coincideranno con la realtà dei fatti, Genova potrà rimanere un porto competitivo a livello europeo e riaprire la partita tra porti mediterranei con i giganti del Northern Range. Le proiezioni vedono un sostanziale raddoppio dei TEU mobilitati in seguito al completamento dell’opera. Si potrebbe dunque arrivare alla mobilitazione annuale (transhipment incluso) di 5 milioni di container standardizzati.

Contemporaneamente alle opere ingegneristiche d’avanguardia occorre trovare rapidamente delle soluzioni per lo stoccaggio e per il processamento dei contenitori ed evitare problematiche di congestionamento degli hub portuali che portano gli armatori a scegliere porti d’attracco maggiormente competitivi per le loro necessità. Ci si trova davanti ad un dilemma all’apparenza senza uscita: il porto di Genova ha bisogno di una crescita massiccia per recuperare il terreno perduto ma contemporaneamente un ampliamento rischia di paralizzarlo. 

Genova è obbligata ad agire: anche senza calcolatrice alla mano si intuisce facilmente che sono necessari ettari aggiuntivi per poter sopportare i nuovi volumi che la diga foranea operante a pieno regime garantirà. La morfologia territoriale non è certamente dalla parte del capoluogo ligure: stretta in un fazzoletto di terra tra gli Appennini, gli spazi a filo costa sono troppo limitati (ed ecologicamente importanti) per poter ospitare i volumi previsionali movimentati.

Da qui l’esigenza di trovare nuovi e ampi spazi, efficientemente collegati e in posizione strategica rispetto ai corridoi economici che si dipartono dalla Pianura Padana per valicare le Alpi francesi, svizzere o per prendere la direttrice verso i mercati dell’Europa orientale.

Si rafforza grazie allo scenario economico sopra delineato la posizione negoziale di Alessandria, già dotata di uno stop ferroviario e di una posizione che consente agilmente di intraprendere i tre principali corridoi economici europei. Se gli attori pubblici ancora faticano a vedere le nuove necessità del mercato marittimo internazionale, gli armatori da tempo si sono attivati per accorciare le distanze di dialogo con i portatori di interesse e per cercare innovative soluzioni.

La creazione di uno spazio adibito a retroporto, con funzione alternativa al semplice movimento intermodale gomma-ferro delle unità containerizzate, permetterebbe alla città di svilupparsi nella logistica avanzata e a generare un indotto di settore d’impatto sulla comunità alessandrina.

In aggiunta, Alessandria ha le potenzialità per candidarsi in posizione vincente a diventare un centro di stoccaggio e di movimentazione verso i porti liguri dei nuovi carburanti green che i global carriers sono interessanti ad impiegare per rendere carbon free il commercio marittimo internazionale.

gb

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