La grande truffa: il riacquisto di azione proprie

Quando qualcuno di noi parla o scrive “estrazione di valore” (value extraction), indicandola come una delle più perniciose operazioni compiute a danno del lavoratore ordinario da parte del capitale, si dà per scontato che tale parola si riferisca a un comportamento nefasto, attuato da una ricca minoranza a svantaggio di una vasta maggioranza del tutto inconsapevole. Purtroppo, molti di coloro che ci leggono o che ci ascoltano non sono avvezzi a comprendere astruse terminologie tecno-finanziarie. Tale per cui, spesse volte, non colgono appieno la portata di questi funesti modelli di funzionamento. Tra le varie  “extraction” è compreso il caso tipico del “financial buy back” (il riacquisto di azioni proprie).

Robert Reich, il noto politologo, accademico di Berkeley, mentore della Left Wing Dem americana, nel successivo occhiello in corsivo risponde a un editorialista del NYT spiegando con un esempio calzante le ragioni secondo le quali questa pratica è da considerarsi di fatto un “plus valore” nascosto. Essa fu autorizzata negli USA con l’avvento della Presidenza Reagan (’80) – prima fu severamente vietata – e si diffuse in tutto il mondo Nord Atlantico ed europeo per imitazione. Con l’iper-globalizzazione segnò l’avvento di un nuovo paradigma economico: il neoliberismo.

“Per fare solo un esempio recente: l’anno scorso, la Norfolk Southern Railway ha registrato entrate e proventi operativi record: 3,2 miliardi di dollari, questi solo nel quarto trimestre, un notevole aumento del 13% su base annua. Come ha fatto l’impresa ferroviaria a raggiungere questo obiettivo? Tagliando quasi 10.000 posti di lavoro, riducendone di un terzo e facendo circolare meno treni e incrementando il numero di carrozze. Ora, alcuni di questi si estendono per più di 2 miglia. Ha apportato tali modifiche nonostante gli avvertimenti che avrebbero segnato un peggioramento dei rischi per la sicurezza.

La società ha anche rifiutato di concedere ai suoi restanti lavoratori un congedo per malattia. Oltre modo, ha rinunciato ad investire in migliori attrezzature di sicurezza. Spudoratamente, essa ha organizzato un grande blitz di lobbying contro le norme più severe per la sicurezza. E cosa ha fatto la Norfolk Southern con tutti i soldi risparmiati tagliando la sua forza lavoro, gestendo treni più lunghi, rifiutando il congedo per malattia e risparmiando sulla sicurezza?

Negli ultimi due decenni, ha aumentato i pagamenti degli azionisti del 4.500 percento. Nello specifico, ha speso miliardi in riacquisti di azioni proprie, raggiungendo la cifra record di 4,7 miliardi di dollari in riacquisti e dividendi lo scorso anno.

Qualche settimana orsono ci fu un disastro ecologico a causa di un deragliamento che provocò il rilascio di una pericolosa nube tossica in una località dell’ Ohio. Sabato un suo convoglio è uscito di nuovo dai binari, vicino a Springfield, sempre nell’Ohio, anche se per fortuna questo treno della Norfolk Southern non trasportava materiali pericolosi.

Le aziende non migliorano a causa dei riacquisti. Gli azionisti diventano solo più ricchi. Mentre le ferrovie hanno speso di più per il riacquisto di azioni che per la sicurezza ferroviaria, la ricchezza dei paperoni della finanza è aumentata di 42 miliardi di dollari.

I ricercatori di Deloitte sottolineano che i riacquisti e i dividendi sono aumentati vertiginosamente a confronto della crescita del PIL, mentre gli investimenti aziendali in attrezzature e infrastrutture sono rimasti stagnanti. Molti dei costi sociali di questi mancati investimenti sono stati scaricati sul pubblico, come abbiamo visto nel drammatico incidente accaduto nell’Ohio.

I riacquisti di azioni proprie non creano più posti di lavoro. Non aumentano i salari. Non fanno crescere l’economia. Prima del 1982, era illegale per le società acquistare le proprie azioni per sostenere artificialmente i propri corsi. Quindi la SEC di Ronald Reagan adottò una norma che tutelava le società dall’essere accusate di manipolazione. Con l’avvento di Trump-GOP (2017) è stata aggiunta  benzina sul fuoco mediante un vigoroso taglio delle aliquote. Da allora, i riacquisti di azioni proprie sono più che raddoppiati, raggiungendo la cifra record di 1,2 trilioni di dollari solo nel 2022. Questa considerevole cifra non ha prodotto un miglioramento della qualità della vita dei lavoratori americani o dell’economia americana. È semplicemente finita nelle tasche di azionisti e degli amministratori delegati già di per sé ricchi.

Ancora una volta, Wall Street guadagna a spese delle famiglie che lavorano.”

 

Robert Reich <robertreich@substack.com> 

Professore di Politica Economica a Berkeley CA; Ministro del Lavoro nel I° Clinton’s Cabinet; Bernie Sanders’ Senior Adviser; tra i più letti editorialisti del quotidiano britannico The Guardian; animatore della piattaforma Dem USA Unequality Media

Robert Reich <robertreich@substack.com> 

Professore di Politica Economica a Berkeley CA; Ministro del Lavoro nel I° Clinton’s Cabinet; Bernie Sanders’ Senior Adviser; tra i più letti editorialisti del quotidiano britannico The Guardian; animatore della piattaforma Dem USA Unequality Media
 

Robert Reich <robertreich@substack.com> 

Professore di Politica Economica a Berkeley CA; Ministro del Lavoro nel I° Clinton’s Cabinet; Bernie Sanders’ Senior Adviser; tra i più letti editorialisti del quotidiano britannico The Guardian; animatore della piattaforma Dem USA Unequality Media

In Europa se non è zuppa è pan bagnato.

Un’azienda quotata in borsa può legittimamente – essendo legalmente autorizzata dalla propria autorità governativa – trasferire parte dei ricavi riacquistando azioni proprie. Riducendone il numero, le imprese possono, come risulta da un semplice calcolo matematico, aumentare i loro guadagni per ogni singola azione. L’esito consiste in un aumento del loro prezzo e del loro valore a breve termine (short-term shareholder value). Con ciò l’azienda sposta gran parte degli utili conseguiti a coloro che detengono quota del suo capitale borsistico, anziché destinarli agli investimenti – produzione di nuovo lavoro, risparmio futuro – o  incrementando i salari reali delle proprie maestranze (effetto distributivo).

Considerando che solo una minima percentuale di risparmiatori sull’insieme dei soggetti (lavoratori, subordinati o non), in qualità di generatori di reddito, appartengono a categorie privilegiate (grandi banche d’affari, fiduciarie internazionali). Queste, essendo tecnicamente abili, sfruttano – favorite da aliquote fiscali compiacenti – ogni possibile “buy back” che il mercato finanziario offre, acquisendo di fatto un vantaggio competitivo, nonché un reale arricchimento per la loro lussuosa clientela.

Ciò, a discapito della stragrande maggioranza di lavoratori che paga, per il nocivo effetto derivante da questa produzione di valore “immateriale”, una perenne carenza d’investimenti. I quali, se fossero stati attuati nella misura pari alla somma estratta (negli ultimi 10 anni si stimano cifre intorno ai 6 trilioni di $ negli USA)[1], non solo avrebbero garantito ulteriore lavoro nel tempo, ma anche sviluppo, nonché crescita collettiva territoriale. In aggiunta a ogni “riacquisto” segue sempre un congelamento del salario reale, rendendo vano e intimidatorio ogni controparte sindacale nell’esercitare con forza il suo legittimo potere di contrattazione.

Il “riacquisto”, sebbene da molti illustri economisti ormai sia considerato una pratica “predatoria”, il mainstreem neoliberista con la sua tipica astuzia manipolatoria, grazie a un abilissimo marketing, lo fece sempre apparire come se questo fosse da considerarsi “naturale”, tingendolo di una presunta oggettività tecnocratica, il cui presupposto poggerebbe sulla piena autonomia di quel grande sapere entro il quale una certa  agenda politica con le sue “stranezze” egualitarie non potrà mai trovare posto. Può apparire fin troppo eccessivo ma molti critici esperti, laureati Nobel (Stiglitz, Krugman, Deaton, Card) lo considerano la chiave di volta della disuguaglianza.

L’elezione a sorpresa di una “non compromessa”, appena giunta, Elly Schlein, alla guida del PD per alcuni versi si può interpretare come se il nostro popolo avesse da tempo il sentore che il sistema fosse corrotto in sé (predominio della finanza sull’economia reale), pur non avendo l’esatta contezza sull’origine di questa infezione.

Che i simpatizzanti, chiamati alle urne, nel decidere tra un favorito competitore proveniente da un mondo, il cui centro ruota ancora fra salate salamelle e dolce lambrusco – da noi potremmo dire fra rabatoni e lacabon – abbia optato e scommesso su di un outsider con una visione della politica, che a parer loro, sembra trascendere il tiepido provincialismo italiano di marca “progressista”, ove la larga parte da quadri dirigenti, negli ultimi anni, si sono dimostrati nei fatti più trasformisti che riformisti, appare, almeno nei numeri, oramai consolidato.

fg

[1] https://ilponte.home.blog/2019/10/01/william-lazonick-lacquisto-di-azioni-proprie-buy-back-mette-in-pericolo-la-crescita-economica/#more-618

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